Lancia LC2, l’astronave torinese contro Porsche
Pensata per competere nella gare Endurance, la Lancia LC2 è un concentrato di tecnologia tutta italiana. Ecco la storia della vettura con motore Ferrari.

Lancia, non solo rally
Come molti sanno, Lancia è sinonimo di rally, ambito in cui ha vinto ben 9 titoli Mondiali tra Stratos, Delta 037 ed Delta Integrale. Il marchio torinese, però, vuole aggiungere un tassello importante della sua storia sportiva pensando alle gare su pista negli anni ’70 – ’80. La Lancia, in realtà, in passato era già presente in questa tipologia di gare. L’azienda torinese, infatti, è stata una delle prime case automobilistiche a partecipare al Campionato del Mondo di F1. In particolare, essa diventa famosa anche grazie alla D50, monoposto caratteristica per i due serbatoi laterali, donata poi nel 1955 alla Ferrari dopo la morte di Ascari.

Così, tra la fine degli anni ’70 e gli inizi degli ’80, Lancia vuole riprendere la storia in pista partecipando al Campionato Mondiale Endurance. La prima ad aprire le danze è la Lancia Beta Montecarlo Turbo, auto di meccanica e tecnica estreme, progettata in collaborazione con Dallara e disegnata da Pininfarina, da cui deriverà la Delta 037. La vettura debutta ufficialmente nel 1979 e vincerà due Campionati Marche nel 1980 e 1981, prima assoluta di categoria.

Il passaggio al Gruppo C
A partire dal 1982, la FIA cambia i regolamenti istituendo una nuova categoria, il Gruppo C, che diventerà la classe regina nel Mondiale Sport Prototipi. La Lancia, dunque, è costretta a pensionare la Beta Montecarlo Turbo, introducendo la LC1. La vettura si rivela competitiva ma non abbastanza per battere le Porsche, così, nel 1983 Lancia adotta la LC2. Lo sponsor principale è ancora Martini Racing, partner storico della Casa torinese identificabile dai suoi colori inconfondibili.

Lancia LC2, simbolo di aerodinamica estrema
Il primo elemento che si nota vedendo la LC2 è sicuramente la sua linea sinuosa e filante unita ad una scocca chiusa, differenza sostanziale rispetto alla LC1. La carrozzeria, opera dell’ingegner Gianpaolo Dallara, è in fibra di carbonio e kevlar e, soprattutto presenta degli studi aerodinamici molto interessanti. Ad esempio, la griglia del radiatore è posizionata centralmente sul muso, lasciando dunque spazio agli importanti canali Venturi sotto le pance laterali e nel fondo vettura. Tutto ciò, convoglia i flussi aerodinamici al posteriore, dove è presente una vistosa ala insieme all’imponente diffusore.






Le linee della LC2.
Il cuore pulsante della Lancia LC2
Come accennato, la Lancia pensa alla LC2 per colmare il distacco con Porsche, dovuto in particolare al motore. Le vetture tedesche, infatti, disponevano di 200 cv in più rispetto alle italiane, rendendosi, così, maggiormente competitive. I tecnici di Torino, perciò, si rivolgono a chi di motori potenti ne progetta e produce quotidianamente, ovvero la Ferrari. Gli uomini di Maranello, dunque, forniscono alla Lancia un propulsore V8 a 90° sovralimentato con due turbocompressori KKK, da 2,6 litri e, soprattutto, 700 cv che spingono la LC2 fino a 360 km/h. Le valvole per cilindro sono 4.

Bisogna però puntualizzare alcuni dettagli. Il motore Ferrari, preparato poi da Abarth, ufficialmente in gara sviluppa una potenza intorno ai 680 cv, questo per imposizione regolamentare del Gruppo C dovuta ai consumi. Con una potenza superiore, infatti, si rischiava di non terminare la gara, mentre in qualifica i piloti erano liberi di aumentare la potenza fino a 850 o, addirittura, 1000 cv. Nel 1984, poi, la cilindrata è incrementata a 3014 cc in occasione della 1000 km di Monza, dove la potenza sviluppata raggiunge gli 800 cv.

Gli studi riguardanti il telaio
Il telaio, come già detto per la carrozzeria, è sviluppato dalla Dallara, famosa azienda emiliana che aveva già collaborato per la realizzazione della Lancia Beta Montecarlo Turbo e la LC1. Questa componente strutturale del veicolo è realizzata in una lega leggera di alluminio e rame chiamata AvionAl, pensata a nido d’ape con centine di magnesio. Il peso complessivo vettura, dunque, si aggira tra gli 810 e 850 kg, anche grazie ad una cellula di sicurezza progettata con roll-bar in titanio ed una superlega a base di nichel – cromo, definita inconel. Il tutto rende la LC2 estremamente leggera.

In pista: Lancia contro Porsche
La LC2 debutta nel 1983 con due vetture ufficiali, livrea Martini Racing, ed una privata del team satellite Jolly Club, in livrea Totip, mentre la Porsche presenta 20 – 30 vetture tra ufficiali e non. La sfida, che può essere definita “Davide contro Golia”, è subito molto accesa, con Porsche che vuole confermare la propria supremazia e Lancia che cerca di insidiare il vertice del Mondiale Endurance. Infatti, già dalla 24 Ore di Le Mans 1983, le LC2 dimostrano una velocità impressionate che, però, trovano nell’affidabilità il vero limite delle vetture.

Le LC2 vengono guidate negli anni da alcuni dei migliori piloti in circolazione, tra cui Riccardo Patrese, Alessandro Nannini e Michele Alboreto, riuscendo a trionfare alla 1000 km di Imola 1983 con Teo Fabi e Hans Hayer. Negli anni successivi si ripetono altri successi, come quello alla 1000 km di Spa 1985 grazie all’equipaggio Mauro Baldi – Riccardo Patrese – Bob Wollek.

L’ultimo ruggito della Lancia LC2
Le ultime apparizioni dell’ “astronave” di Torino si hanno nel 1985, stagione che, di fatto, chiude l’esperienza della Lancia in pista. La monoposto tocca la velocità impressionante di 398 km/h sul circuito di Le Mans in occasione della 24 Ore, durante le prove. Proprio in quell’anno, sul tracciato di La Sarthe la squadra dell’Elefantino raccoglie il miglior risultato, conseguito grazie ad una sesta e settima posizione. Terminato il Campionato Endurance 1985, la Lancia corre ancora due gare nell’86 per poi concentrare tutte le sue risorse nei rally, dove scriverà altre pagine di storia.

La LC2 non ha mai vinto a Le Mans anche se, nel 1984, è stata in testa alla corsa, tradita poi, però, dall’affidabilità, lasciando così strada libera alla Porsche, in gara con team privati per quell’edizione. Nonostante ciò, ancora oggi la monoposto Martini Racing è ricordata per la sua tecnica, estrema in quegli anni, che ha permesso alla Lancia di trionfare comunque in diverse gare di livello.

[Autore articolo: Alessio Zanforlin]
Fonti informazioni verificate:
- Heritage Hub: fcaheritage.com
- Museo dell’Automobile di Torino: museoauto.com
- Fondazione Gino Macaluso: fondazioneginomacaluso.com
- Autolook: autolookweek.com
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