“The Golden Age of Rally”, la storia rivive al MAUTO
Una mostra dedicata a grandi mezzi del passato, leggende delle gare. Questa è “The Golden Age of Rally”, tra mito e bellezza senza tempo.

Quando si parla di competizioni ci sono auto ricordate ancora oggi. Dalla Formula Uno ai Rally, passando per le monoposto Endurance, tutti conoscono mezzi unici che, per diversi motivi, sono entrati nella storia. Proprio soffermandoci sui Rally, per noi italiani sicuramente Lancia rappresenta la massima espressione e sogno sportivo. Ma non solo. Infatti, grazie alla mostra temporanea “The Golden Age of Rally” sono stati esposti al pubblico diversi pezzi pregiati anche di altri marchi. Mini, Ford, Porsche, Peugeot e FIAT sono solo alcune Case famose nelle gare e riportate in luce grazie a questa meravigliosa rassegna. La mostra si è tenuta dal 27 ottobre 2022 al 2 maggio 2023, presso il Museo dell’Automobile di Torino, a cura della Fondazione Gino Macaluso.
L’idea
Come detto, spesso quando si racconta la storia dei Rally viene subito in mente la Lancia, soprattutto se siamo a Torino. Proprio la Casa torinese, fondata inizialmente a Chivasso (TO), è nel cuore di moltissimi appassionati, sia per i successi ottenuti, sia per i mezzi estremi ideati. “The Golden Age of Rally”, quindi, ha voluto ricordare quanto questo patrimonio sia importante da tramandare. La Casa italiana, poi, negli anni ha affrontato altri grandi marchi gloriosi, alcuni già citati prima. Al Museo dell’Automobile di Torino, quindi, la Fondazione Gino Macaluso ha esposto una ventina di auto iconiche, proprio di quella che, da molti, è definita “l’Era d’Oro dei Rally“.










Le diverse aree tematiche della mostra.
Il percorso della mostra, dunque, è stato allestito con una grafica molto coinvolgente, iniziando dallo “Start” di fronte alla Mini Cooper BMC del 1966. Proprio come il via su una Prova Speciale (PS) di un Rally, quindi, la visita prosegue poi con le vetture disposte in ordine cronologico, in base alla diverse ere di questo sport. La prima area, perciò, ha rappresentato gli anni ’60 – ’70 dei Rally, per poi passare agli anni ’80 ed il Gruppo B, seguiti da una stanza dedicata alla Fondazione Macaluso. Le ultime aree tematiche, invece, hanno ricordato gli anni ’90 ed il Gruppo A, insieme all’evoluzione di tute e caschi. Il percorso di visita, infine, si conclude con oggetti e strumenti utilizzati nei Rally, oltre alla Punto S1600 del 2001.
The Golden Age of Rally, “La nascita di uno sport”
Iniziamo, allora, la nostra visita “virtuale” della mostra temporanea. Come detto, si parte dallo Start che ci immerge subito nel primo periodo dei Rally, ovvero tra gli anni ’50 e ’60. La prima vettura è la Mini Cooper che ha corso i Mondiali (al tempo Coppa Internazionale) 1966 e 1967, l’iconica compatta inglese amata ancora da tutti. Il modello rappresenta come i Rally, in quel momento storico, fossero “semplici”, grazie all’utilizzo di vetture “quotidiane” adattate alle corse nel fine settimana. Precisamente, il pezzo esposto è diventato famoso non solo per le vicende al Montecarlo riguardo i fari, ma anche per il Rally dei 1000 Laghi 1967, in Finlandia.











La Mini Cooper e la Ford Cortina Lotus MK1.
Proprio a questa Mini, infatti, durante quella gara si è sganciato il cofano motore che, su ogni dosso affrontato in PS, oscillava su e giù. L’equipaggio Mäkinen/Keskitalo, perciò, si è arrangiato con una spugna, inserita nel gancio cofano al fine di attutire i colpi, vincendo poi la gara. Quest’ultimo, quindi, è un altro esempio di come i Rally fossero “blandi”, concetto ribadito nel mezzo seguente. La Ford Cortina Lotus MK1 del 1966, infatti, è un modello di grosse dimensioni. Anch’essa, però, era utilizzata per correre, aggiungendo i roll bar e togliendo gli elementi superflui come i sedili posteriori. Incredibile. Il nome della vettura ricorda la collaborazione stretta dall’Ovale Blu con la Casa inglese Lotus.
Gli anni ’70
Il passaggio verso il secondo decennio di “The Golden Age of Rally” è rappresentato dalla Ford Escort RS Cosworth MK1 del 1969, vettura protagonista di un fatto storico curioso. Il modello in mostra, infatti, era stato utilizzato nel 1970 per il trasferimento della Coppa del Mondo di Calcio, da Londra a Città del Messico. La vettura, perciò, identifica come i rally diventano anche il modo per dimostrare la robustezza e l’affidabilità del prodotto. Inoltre, proprio sulla Escort in questione compaiono i primi sponsor, insieme al cofano nero per evitare il riflesso del sole (già presente sulla Cortina). Per la precisione, la primissima vettura da corsa nella storia ad introdurre la pubblicità è stata la Maserati Tipo 420/M/58 “Eldorado“, monoposto del 1958.






La Ford Escort RS Cosworth MK1 e la Porsche 911.
Gli anni ’70 della mostra, poi, proseguono con la Porsche 911 S Coupé (ST), famosa, ad esempio, per aver presentato i passaruota allargati che, ancora oggi, identificano la Casa di Stoccarda. Questa caratteristica, inoltre, si aggiunge all’intuizione del motore a sbalzo, ovvero il posizionamento del propulsore oltre l’asse posteriore delle ruote. In seguito, poi, troviamo altri grandi mezzi rivali tra loro: la Lancia Fulvia Coupé 1600 HF “Safari” e la FIAT 124 Sport Spider. Nel dettaglio, la prima è stata ideata per competere nell’omonimo Rally del Kenya, in condizioni difficili, per questo motivo rinforzata con ulteriori protezioni e maniglie. La FIAT, invece, diventa presto rivale della Lancia, grazie alla 124 ed alla famosa collaborazione con Abarth, elaboratore ufficiale del Marchio.





La Fulvia HF “Safari” e la FIAT 124.
“The Golden Age of Rally”, verso il Gruppo B
Il passaggio da modelli di serie che esprimono affidabilità del mezzo a veicoli ideati già con l’intento di correre, in parte avviene nel secondo decennio raccontato in questa mostra. I due grandi esempi sono l’Alpine Renault A110 1800 del 1973 e, soprattutto, la Lancia Stratos, erede della Fulvia. Andando con ordine, la francese esprime concetti stilistici e meccanici molto interessanti. La linea dell’Alpine A110, infatti, ancora oggi identifica il modello oltralpe, caratteristica data, ad esempio, dal motore a sbalzo e dalle forme quasi di vettura da pista. Il mezzo della Fondazione Macaluso, in particolare, ha corso i Campionati 1973 e 1974 in veste ufficiale, vincendo gare come il Rally del Marocco.










La Lancia Stratos e l’Alpine A110.
Parlando della Lancia Stratos, anch’essa è identificata da una forma futuristica, derivata dal prototipo Strato’s Zero del 1970 presentato al Salone di Torino. Cesario Fiorio, l’allora Direttore della Squadra Corse Lancia, infatti, voleva un modello che fosse il degno erede della Fulvia, Campione 1972. Dunque, la Stratos sarà un mezzo ideato non solo per correre nei Rally ma, addirittura, in altre diverse competizioni, come il Giro d’Italia Automobilistico. Proprio questa gara, tra l’altro, sarà la chiave di svolta per il modello. Infatti, grazie alla vittoria di Merzario con Munari, “prestato” da Lancia a Ferrari, Enzo “dona” il V6 Dino alla Casa di Chivasso. La Stratos, dunque, vincerà 3 Titoli Costruttori consecutivi, ’74 (anche grazie ai punti ottenuti con Fulvia e Beta Coupé in qualche gara) – ’75 – ’76, oltre a diversi altri Campionati (Europei ecc…).
Il limite sempre più in alto
A partire dalla seconda metà degli anni ’70, quindi, le auto da Rally vedono un’evoluzione che, in realtà, si nota già dalle versioni stradali. Proprio i modelli di serie, infatti, negli anni ’80 diventano un “contorno”, ideati solo ed esclusivamente per ottenere l’omologazione nelle gare. Andando in ordine cronologico, i primi esempi sono Lancia Delta 037 ed Audi Quattro, due rivali rappresentate anche dalla scenografia della mostra. Entrambe appartengono al Gruppo B, la categoria regina dei Rally che, ormai, aveva l’estremo come elemento principale. Per correre nel Mondiale, quindi, ciascun Costruttore doveva omologare almeno 200 esemplari stradali, in quanto la base dei Rally è, ancora oggi, la derivazione di serie.
















Lancia Delta 037 vs Audi Quattro.
Ci sono molti aneddoti riguardo le unità vendute ma, soffermandoci sull’aspetto sportivo, la 037 è stata colei che, con trazione posteriore, ha contrastato il dominio Quattro, integrale. Proprio questa tecnologia, infatti, ha decretato la svolta nelle competizioni in generale, portando l’asticella del limite sempre più in alto. Le auto cominciano a diventare molto più complesse e pericolose, tant’è che il 2 maggio 1985, proprio con una 037, si ha il primo incidente fatale del Gruppo B. In Corsica, infatti, perdono la vita Attilio Bettega e Maurizio Perissinot. Da quel momento, dunque, tutti si interrogano sull’effettiva affidabilità di mezzi così performanti, ma la storia della categoria prosegue.
The Golden Age of Rally, “Asfalto, neve, sabbia”
Mettendo per un attimo da parte il discorso riguardante il Gruppo B, nella mostra è stata dedicata una sala ai tipi di terreno sui quali si corrono i Rally. Dunque, la scenografia ha previsto asfalto, neve e terra, i tre principali elementi che caratterizzano le gare, e gli altrettanti modelli scelti per l’occasione. Essi sono la FIAT 131 Abarth per l’asfalto, la Renault 5 Turbo per la neve e la Delta HF Integrale Evoluzione “Safari” per la terra. Tutti questi mezzi, inoltre, nella loro carriera hanno saputo distinguersi per vittorie o storie particolari. Una di queste riguarda la 131 Abarth. Essa, infatti, è stata inizialmente rivale della Stratos e poi sua “erede” nel Mondiale. Questo è avvenuto mediante la fusione dei due Reparti Corse in FIAT, dopo un periodo come concorrenti all’interno dello stesso Gruppo.























I tre terreni sui quali si corrono i Rally.
La Renault 5 Turbo, invece, verrà anche chiamata la “Giallona“. Il simpatico termine è dovuto al suo tipico colore che l’ha contraddistinta anche in F1, Campionato in cui, per prima, ha introdotto il motore turbocompresso nel 1977. Infine, parlando della Delta in versione Safari, il modello esposto è del 1992, ultimo anno in cui Lancia (ormai non più squadra ufficiale ma soltanto “Martini Racing” e supportata dalla Casa) corre il suo ultimo Rally in Kenya. Come la Fulvia HF descritta prima, anche la “Regina” è rinforzata con protezioni ed altri elementi, tipici della corsa africana.
“I mostri” e la fine del Gruppo B
Chiusa la parentesi dedicata ai terreni sui quali si corrono i Rally, la mostra riprende con le auto che hanno scritto la storia della massima categoria. Anzi, per meglio dire, la sala illustra come si sia conclusa l’era del Gruppo B tramite due mezzi estremi. Stiamo parlando, quindi, della Lancia Delta S4 e della Peugeot 205 Turbo 16, creature al limite dell’ingegneria e delle performance. Le due belve, infatti hanno segnato l’ultimo atto di una categoria esasperata, in cui molto era concesso. Iniziando dalla S4, essa è stata la prima Lancia a trazione integrale, ideata per battere definitivamente l’Audi Quattro e, dunque, erede della 037. Motore sovralimentato, formato da compressore volumetrico e turbo, e le quattro ruote motrici donano il nome al modello.
























Lancia Delta S4 vs Peugeot Turbo 16.
La belva torinese, però, non era ideata solo per competere con la Casa di Ingolstadt. Nello stesso periodo, tra l’85 e l’86, infatti, Peugeot introduce la Turbo 16, anch’essa al limite in ogni aspetto. Un primo esempio è la turbina posizionata dietro il poggiatesta del navigatore, dovuta all’alloggiamento latitudinale del propulsore. Inoltre, si nota un vistoso alettone posteriore, adottato con dimensioni inferiori anche sulla S4. Le due vetture, quindi, si daranno battaglia fino al 1986, anno in cui vi è l’ennesima tragedia. Ancora il 2 maggio ed in Corsica, Henri Toivonen e Sergio Cresto perdono la vita a bordo della Delta S4, sancendo definitivamente la fine del Gruppo B al termine della stagione.
“The Golden Age of Rally” e Gino Macaluso
Come molti sanno, dal famigerato Gruppo B si passerà al meno potente Gruppo A, a partire dal 1987. Riguardo la mostra al Museo dell’Automobile, però, si è voluto inserire un passaggio intermedio molto interessante, dedicato a personaggio ed auto uniti dalla storia. La saletta allestita dopo l’S4 e la Turbo 16, infatti, racconta la vita di Gino Macaluso, padre dei mezzi conservati dall’omonima Collezione. Questa, ad oggi, è rappresentata dai figli Massimo e Stefano, i quali trasmettono ancora passione ed amore motoristico. Dunque, al MAUTO sono stati esposti cimeli ed oggetti appartenuti al Signor Gino e che lo hanno accompagnato nel corso della sua vita.
















Gino Macaluso e la X1/9 Bertone.
Egli, infatti, era un ragazzo come tanti, appassionato di motori e studente, che nel weekend usava l’auto familiare “dipingendo il cofano di nero ed inserendo qualche roll bar per correre nei Rally“. Proprio sulla base di questa sua frase, Gino Macaluso trasforma la passione in lavoro. Entra prima a far parte della neonata Squadra Corse FIAT e, successivamente, avrà l’onore di seguire il progetto X1/9 Bertone. Questo modello, quindi, diventa importante per Macaluso poiché trionfa anche al Giro d’Italia Automobilistico 1974, guidato da un certo Clay Regazzoni. Il pilota della Ferrari era navigato proprio da Gino. Inoltre, la vettura sarà la prima della futura Collezione Macaluso.
Gli anni del Gruppo A
Dopo il doveroso tributo a Gino Macaluso, “The Golden Age of Rally” prosegue la storia di questo sport passando al Gruppo A, categoria meno estrema. Come anticipato, infatti, a partire dal 1987 la FIA impone una produzione minima di 5 mila esemplari stradali per poi correre nei Rally. Dunque, si pensa che i grandi marchi, come Toyota, siano agevolati e che, invece, Lancia debba concludere la sua esperienza nelle gare. Così non è però, perché la Casa torinese aveva già pronta la Delta, modello stradale su cui si punta per sviluppare la versione da gara, nonché una delle più vincenti di sempre. Lancia, infatti, otterrà 7 Titoli Mondiali consecutivi che sommati ai 3 della Stratos ed uno della 037 sono 11 totali, record assoluto. In realtà, se vogliamo essere precisi, sono 12 contando anche il Campionato Internazionale vinto nel 1972 dalla Fulvia HF.
















Lancia vs Toyota.
Così, tra il finire degli anni ’80 e l’inizio dei ’90, Lancia e Toyota si contendono i Mondiali, scrivendo pagine epiche di storia. Ad esempio, Carlos Sainz Senior sarà il primo pilota dell’Europa meridionale a vincere il Rally RAC (Royal Automobile Club) in Inghilterra. La gara, infatti, era molto complicata per condizioni e contesto, dunque, tendenzialmente, emergevano i piloti nordici. Si susseguirono, poi, diverse versioni di Toyota Celica e Delta (4WD, Integrale, 8v, 16v…), fino al 1993, anno in cui Lancia corre il suo ultimo Mondiale. Già come squadra non ufficiale, “El Matador” passa dal Giappone all’Italia, correndo la stagione sulla Delta e chiudendo un’era epica.
Il “fine Prova” di “The Golden Age of Rally”
La mostra temporanea al Museo dell’Automobile si conclude con alcuni aspetti altrettanto interessanti e riguardanti il mondo Rally. Dopo le due icone del Gruppo A, quindi, troviamo un’aera in cui si è rappresentata l’evoluzione della tuta durante gli anni. L’abbigliamento da gara, infatti, nel tempo è cambiato molto. Si è passati da indumenti pressoché “normali” alla tuta ignifuga ad esempio, ideata per la prima volta da Sparco nel 1978. Per quanto riguarda i colori, invece, ognuna di esse adotta le sfumature di diversi sponsor iconici, quali Martini Racing ed Alitalia. Esposta, inoltre, la tuta di Miki Biasion ai tempi del “Deltone“.




Caschi, tute e strumenti negli anni.
Proseguendo, poi, vi è l’evoluzione dei caschi. Anch’essi hanno subito aggiornamenti e cambiamenti importanti, passando da un elemento semplice, quasi come quello utilizzato per andare a cavallo, giungendo fino all’interfono incorporato di oggi. Di mezzo, troviamo un interessante prototipo utilizzato da Munari ai tempi della Stratos. Esso è un casco jet unito ad una mentoniera, i quali, insieme, formano l’antenato del casco integrale. Per ultimi troviamo alcuni oggetti e strumenti utili nei Rally, sia per i piloti che per i meccanici, come cartina geografica, chiavi dinamometriche e radio. Curioso anche il machete utilizzato, ad esempio, per disincagliare l’auto dalle asperità in Kenya.
L’ultimo baluardo italiano
La mostra “The Golden Age of Rally”, in realtà, ha salutato i visitatori con un’ultima vettura importante, sia per la famiglia Macaluso sia per l’Italia. La Punto Super 1600, infatti, rappresenta l’ultimo tentativo di riportare un marchio ed una squadra Tricolore ai vertici del Mondiale Rally. Il modello esposto al Museo, in particolare, è stato impiegato dall’equipaggio Bernacchini – Dallavilla nel WRC Junior 2001, ovvero la categoria Mondiale dedicata ai più giovani. La squadra, invece, era la R&D, fondata proprio dalla famiglia Macaluso.








La Punto Super 1600 ambientata in un parco assistenza.
Il team italiano si è giocato il Titolo fino alla penultima gara, contro un certo Sébastien Loeb. Il successo, però, verrà ottenuto dal francese della Citroen, supportato anche dalla Federazione oltralpe. R&D, invece, non ha mai avuto aiuti da federazioni, costruttori ed enti italiani, dovendo abbandonare il sogno a fine stagione. Come detto, quindi, la Punto Super 1600 rappresenta l’ultimo vero grido italiano nel Rally che conta. Riguardo “The Golden Age of Rally”, invece, è stato un evento unico, sia per i mezzi esposti sia per la qualità della mostra.
Un pensiero a Mariella Mengozzi, Direttrice del Museo dell’Automobile di Torino fino a maggio 2023 ed una delle principali ideatrici della mostra temporanea “The Golden Age of Rally”.

Si ringraziano il Museo dell’Automobile di Torino e la Fondazione Gino Macaluso, in particolare Stefano Macaluso, per la disponibilità e le preziose informazioni.
[Autore articolo: Alessio Zanforlin]
Fonti informazioni verificate:
- Museo dell’Automobile di Torino: museoauto.com
- Heritage Hub: fcaheritage.com
- Fondazione Gino Macaluso: fondazioneginomacaluso.com
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